Il cobra

di Swami Vivekananda

 

Traduzione di Elisabetta Cucco

 

C’era una volta un cobra che viveva in un buco sotto un grande albero. L’albero si trovava nell’ angolo di un campo vicino al villaggio.

Tutta la gente del villaggio era spaventata dal cobra. Lui era sempre affamato. Se qualcuno si avvicinava al suo albero il cobra usciva e lo mordeva. Molta gente era morta in questo modo, a causa del morso del cobra che era molto velenoso.

I ragazzi del villaggio dovevano passare attraverso quel campo ogni mattina  quando dovevano portare le loro mucche nella giungla. Essi passavano sempre per il sentiero e non si avvicinavano mai all’albero del cobra.

Anche la sera, sulla strada di casa, i mandriani si affrettavano quando passavano per il campo, avendo molta cura di stare lontani dal passaggio del cobra.

Una sera un giovane monaco arrivò al villaggio. I mandriani lo videro entrare nel tempio.

Il mattino seguente lo videro di nuovo. Essi stavano conducendo le loro mucche attraverso la giungla, quando il giovane monaco si presentò e camminò con loro.

-Namaste ji- dissero i ragazzi educatamente.

Il monaco ricambiò il saluto e si avviarono insieme.

Quando essi raggiunsero il campo in cui viveva il cobra, il monaco si fermò e si guardò attorno. Poi puntò all’albero nell’angolo E’ un bell’albero- disse –Dovrei andare a sedermici sotto  per un po’ di tempo. Voglio meditare.-

I ragazzi si allarmarono.

-No, no, Maharaj- gridarono – Non andare in nessun luogo vicino a quell’albero! –

-Perche’ no?- chiese il monaco – Cosa c’e’ di sbagliato in lui?-

-Tu sei nuovo del nostro villaggio- replicarono i ragazzi- cosi’ non sai. Un terribile serpente vive sotto quell’albero. E’ un cobra gigante. Ed e’ sempre affamato. Morde le persone e queste muoiono.-

-Non mi mordera’- disse il monaco.

I ragazzi rimasero sorpresi.

-Perche’ no?- chiesero. – Come fai a sapere che non ti morderà? E’ un serpente molto malvagio.-

-Non mi morderà- disse ancora il monaco. –Io conosco alcuni mantra, vedete. Dovrei recitargli un mantra, e quando lo sentirà, diventerà tranquillo e gentile. Se volete potete venire con me, ve lo dimostrerò .-

Ma i ragazzi erano spaventati. Essi non osavano avvicinarsi a quell’albero. –Noi dobbiamo badare alle nostre mucche- essi dissero – Dobbiamo portarle nella  giungla.-

Così i ragazzi andarono per la loro strada, e il monaco andò verso l’albero, nell’angolo del campo.

Come il monaco si avvicinò all’albero, il cobra scattò fuori dalla sua tana. Il monaco stette lì fermo. Il cobra si sollevò e sibilò rabbioso. Era pronto a mordere il monaco.

Il monaco cominciò a recitare un mantra.

Immediatamente il cobra abbassò la testa. Si distese tranquillamente sul terreno, innocuo come un verme.

- Mi siederò sotto questo albero e mediterò- disse il monaco al cobra – non disturbarmi-.

-         Molto bene, Maharaj – replicò il cobra.

Il monaco si sedette sotto l’albero. Recitò mantra dopo mantra con una voce profonda e musicale. Quindi stette in silenzio, entrando in una meditazione profonda.

Passarono alcune ore, intanto il monaco meditava. Quindi questi aprì gli occhi.

La prima cosa che vide fu il cobra, ancora sdraiato al suolo davanti a lui.

-         Così sei ancora qui – disse il monaco con voce gentile.

-         Maharaj- , replicò il cobra umilmente.

-         I ragazzi mi hanno riferito che tu hai morso molte persone- disse il monaco. –I tuoi morsi sono velenosi. Quando tu mordi la gente muore. Non lo sai?-

-         Maharaj, so che essi muoiono- , disse il cobra.

-         -Quindi?- replicò il monaco – Non pensi che sia una cosa sbagliata da fare?-

-         Si’, Maharaj’ disse il cobra – Io mi auguro spesso di poter migliorare il mio cattivo carattere, ma non so come fare.-

-         Se vuoi davvero una cosa, - rispose il monaco – la puoi ottenere certamente. Forse non provi abbastanza accanitamente.-

-         Per favore, insegnami come essere migliore, Maharaj-  imploro’ il cobra.

-         Ti insegnerò una parola sacra disse il monaco – Se la ripeterai ancora ed ancora, ogni giorno tu imparerai ad amare e ad essere buono.

Così il monaco penso’ per il cobra una parola sacra e  diede al cobra  il nome ‘Nagaraj’’.

-         Adesso devo lasciarti- disse il monaco. – Ricorda adesso, Nagaraj, ripeti la parola sacra e non procurare danno ad alcuno.-

-         Si’,  Maharaj,- promise il cobra – me lo ricorderò. –

Così il monaco mentre si allontanava dall’albero, si volto’ ancora una volta a guardare il cobra.

-         Lascerò il villaggio domani, - disse – ma tornerò a trovarti fra un anno.

Quella sera i ragazzi che badavano alla mandria si affrettarono a tornare al villaggio. Erano ansiosi di sapere se il cobra aveva morso il monaco. Quando incontrarono il monaco gli chiesero cosa fosse accaduto quel mattino.

-         Non mi ha morso, - disse il monaco – Non morderà più nessuno adesso. E’ un  cobra buono adesso.-

Dapprima i ragazzi non  furono certi  che il cobra non avrebbe piu’ morso. Ma  il tempo passava e molte persone intanto osservarono che il cobra era diventato gentile e mansueto.

Pian piano la gente del villaggio dimenticò la propria paura di lui. Non aveva più morso nessuno.

I ragazzi spesso vedevano il cobra quando passavano attraverso il campo per andare verso la foresta con le vacche. Ogni volta che passavano gli tiravano dei sassi. Il cobra non reagiva. Muoveva solo le sue labbra, come se stesse borbottando qualcosa. A volte una pietra lo colpiva e lo faceva sanguinare, ma il cobra non si arrabbiava mai.

Una sera, come al solito,  i ragazzi stavano tirando pietre al cobra. Improvvisamente uno dei ragazzi divento’ molto audace. Prese il cobra per la coda e lo fece girare e girare e girare.

Gli altri ragazzi ridevano e lo incoraggiavano.

Poi improvvisamente il ragazzo lasciò andare la coda del cobra. Il cobra volo’ in aria e cadde a terra. Atterrando, la sua testa urto’ contro una roccia. Rimase steso li’, fermo e sanguinante.

-         Hurra’ !- urlarono i ragazzi, poi si precipitarono a casa. – Il malvagio cobra e’ morto alla fine!-

Ma Nagaraj non era morto. Più tardi nella notte quando si senti’ un po’ meglio, striscio’ lentamente e dolorosamente nel suo buco sotto l’albero.

Adesso doveva restare nel buco. Si sentiva davvero male per potersi muovere. Non aveva nulla da mangiare. Si sentiva molto debole.

Comunque continuò a ripetere la parola sacra che il monaco gli aveva dato. Gradualmente le sue ferite guarirono e fu di nuovo in grado di uscire dalla sua tana.

Un anno più tardi il monaco fece ritorno al villaggio.

Appena lo videro i mandriani corsero a raccontargli le novità.

-         Il malvagio cobra e’ morto- gli dissero.

-         Oh, e’ morto, davvero? – disse il monaco.

Ma il monaco sapeva che Nagaraj non era morto. Gli aveva dato una parola sacra. La parola sacra avrebbe dato frutti.

Il monaco ando’ all’albero e si fermò vicino alla tana del cobra.

-         Nagaraj, oh, Nagaraj, chiamò il monaco – Sono tornato-.

Nagaraj lentamente usci’ fuori e si inchinò al suo maestro.

-         Come stai?- gli domando’ il maestro.

-         Abbastanza bene, signore,- rispose Nagaraj.

-         Ma perché sei così magro?- chiese il monaco.

-         Signore, - rispose Nagaraj, - ultimamente mangio solo frutti e foglie. Tu mi dicesti di non far male a nessuno, così io non ho cacciato uccelli e topi, come facevo prima. Ecco perché sono così magro.-

-         Ma sembri anche malato, - continuò il monaco. – Deve esserti successo qualcosa. Qualcuno ti ha fatto del male? –

Ma ripetendo la parola sacra il cobra era diventato puro. Aveva dimenticato il danno subito dai ragazzi che badavano alla mandria. Adesso cercava di ricordare se qualcosa era successo.

-         Ah, si’ signore, - disse – adesso ricordo. – Sono stati i ragazzi della mandria. Spesso mi hanno lanciato dei sassi. Un giorno mi hanno fatto girare per aria prendendomi per la coda e mi hanno lanciato contro un masso. Ero quasi morto.-

-         I ragazzi ti hanno fatto questo?- esclamo’ il monaco. – Tu hai lasciato che ti facessero questo?-

-         Ah, signore, i ragazzi sono ragazzi, - rispose Nagaraj. – Non si può arrabbiarsi con loro. Come potevano sapere che ero cambiato? Non sapevano che io volevo solo essere buono e non far loro del male.-

-         Oh, che stupido sei! – Urlò il monaco. – Non puoi sibilare alle persone? Tu devi proteggere te stesso. Sibilare non significa nuocere. Non mordere, ma sibila. Spaventa le cattive persone, così queste non ti faranno del male.-

-         Oh, - rispose Nagaraj, - adesso so quale errore ho commesso. Si’, se sibilerò i ragazzi certamente fuggiranno. No ci avevo pensato.-

Da quel giorno  Nagaraj visse felice nel suo buco sotto l’albero. Non faceva del male a nessuno e continuava ripetere la parola sacra che il suo maestro gli aveva insegnato.

Ma se qualcuno cercava di nuocergli, Nagaraj sibilava e lo spaventava.

 

 

 

 

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